Itinerario della Falconiera – Ritorno alle origini
Si tratta dell’itinerario che fa apprezzare Ustica da più punti di vista: Storico, Archeologico, Geologico e Panoramico. Il percorso racconta anche un importante tratto geologico di Ustica e termina sull’apice della collina della Falconiera.
Simbolo
Quadratino Rosa
Distanza
0,75 Km
Dislivello
100 mt
Larghezza
2,50 mt
Stato del fondo
Adatto a
Adulti Bambini e ragazzi Famiglie
Descrizione
Si tratta dell’itinerario che fa apprezzare Ustica da più punti di vista: Storico, Archeologico, Geologico e Panoramico. Ha inizio o da via Calvario o a 100 metri nord del municipio (proprio all’inizio del sentiero di tramontana) e include anche la Necropoli romana con la Rocca della Falconiera, e la casa Florio. Il percorso racconta anche un importante tratto geologico di Ustica e termina sull’apice della collina della Falconiera. Il cammino procede in salita dalla lunghezza di 700 metri.
Si consiglia ad un pubblico al di sotto degli 80 anni ed a chi non abbia problemi di deambulazione e respiratori.
Punti Salienti
Il percorso ha due ingressi: uno posto all’inizio del sentiero di Tramontana – subito dopo il Municipio – e l’altro in paese, a sinistra del Calvario. Il loro cammino parte alla base della collina della Falconiera e si sviluppa in salita per circa settecento metri; lungo il tragitto, dal lato Tramontana, è possibile incontrare una cava di tufo di colore giallo ormai dismessa, chiamata un tempo “Calcara”, appartenuta a Gaetano di Paola, detto
Randazzo, uno dei primi esponenti isolani della “nuova” colonizzazione.
La cava venne utilizzata sin dal 1763 per ottenere materiale utile alla costruzione delle prime abitazioni del paese e delle sue fortificazioni militari.
Risalendo dal lato Calvario è interessante notare come la mulattiera sia stata ricavata intagliando e
asportando la viva roccia. L’opera fu realizzata a colpi di piccone sotto l’egida borbonica per permettere il raggiungimento, in maniera agevole, della rocca eretta in cima alla collina. La particolarità e la spettacolarità dell’opera risiedono anche nelle splendide sezioni laterali delle pareti, ora esposte e contraddistinte dai vari strati di cenere e lapilli all’origine delle formazioni tufacee. Sporadicamente lungo il sentiero sono facilmente
individuabili, adagiate sui teneri letti di ceneri non ancora solidificati, le bombe basaltiche, scagliate nel corso degli eventi sismici.
Gettando uno sguardo al versante destro è possibile osservare come la collina sia dominata dai pini marittimi piantati negli anni ‘50 dalla regione in seguito a opere di rimboschimento e salvaguardia del versante da fenomeni di smottamento e crolli, già avvenuti in passato e causa delle ripetute distruzioni.
I due cammini si incrociano a metà percorso nei pressi delle strutture sepolcrali ipogeiche romane di V-VI secolo d.C. scavate nella collina.
Procedendo verso la cima, il tragitto svela sulla sinistra alberi di eucalipto – ovviamente non autoctoni – piantati nei primi del ‘900 in tutta l’isola (come del resto in tutta la Sicilia); puntando lo sguardo in avanti è invece possibile notare una piccola garitta, posta in opera per l’avvistamento delle navi pirata ostili.
Poco oltre sorge il Rivellino di San Giuseppe, avamposto di difesa dotato di un cannone utilizzato come allarme per gli isolani in caso di avvistamento nemico.
Posto al centro delle due costruzioni, un piccolo cancello in legno conduce a una piccola scalinata in discesa che porta alle sepolture ipogeiche e alle tombe a fossa appartenute a periodi tardo-romani. Le sepolture ricavate direttamente nella roccia sono disposte in gran numero lungo tutto questo versante.
Lasciando le costruzioni militari e risalendo per una ventina di metri verso l’alto ci ritroviamo sopra la collina della Falconiera; l’attraente vista panoramica sulla sua forma curiosamente semiconica, ricoperta da un manto di
lentisco, euforbia, ginestra e artemisia, è abbracciata dall’ampia distesa marina.
La collina su cui siamo ora rappresenta il residuo del cono vulcanico e nello specifico il suo margine meridionale.
L’esaurimento delle eruzioni e dell’attività magmatica furono infatti alla base dello scivolamento a mare dell’intera parte settentrionale della struttura vulcanica originale. Si tratta dell’ultimo vulcano attivo nell’isola; il suo ultimo, caldo respiro risalirebbe a circa centotrentamila anni fa.
Guardando in basso – lì dove era la caldera, si può notare una struttura completa di vasche di essiccazione ed un sistema circolare con filtri e pompe che purifica le acque reflue per scaricare a mare soltanto acqua pulita, si tratta del depuratore dell’isola installato nel 1976 per mantenere sempre limpido uno dei mari più incontaminati d’Europa.
Con il passare degli anni la struttura ha subito delle migliorie e per adeguarsi a nuove normative sullo sviluppo
sostenibile, dal 2013 ad oggi il Comune di Ustica a attuato dei lavori di perfezionamento ed ha predisposto anche il recupero delle acque depurate per uso agricolo, approntando delle convenzioni con le aziende agricole per lo smaltimento dei fanghi di depurazione destinandoli all’arricchimento dei terreni agricoli attraverso la tecnologia “ibrido o a biomassa mista”.
Attraverso questo adeguamento dell’impianto per le acque di scarico inoltre diminuiranno sempre più i carichi
inquinanti che vengono scaricati in mare e le acque vengono riutilizzate riducendo così gli sprechi ed apportando benefici ambientali.
Sollevando lo sguardo verso oriente, sospeso sul taglio del cono, troviamo adagiato, a cento metri di altezza, il Faro dell’Omo morto, un luogo al centro di svariate leggende all’origine del sinistro nome assegnato a questa propaggine isolana.
Il faro fu costruito nel 1880 ma la sua attivazione avvenne solo quattro anni dopo per la cifra di trenta scudi. La sua funzione è di tipo aeronavale con un faro a ottica rotante e lente di cinquecento centimetri di circonferenza, inserito in una torre ottagonale di circa oltre sette metri d’altezza.
Il Faro Punta Omo Morto è tra i più potenti d’Italia perché ha la capacità di proiettare, in un moto rotatorio continuo, tre lunghi fasci di luce, così forti da avere una portata nominale di 25 miglia grazie al perfetto mix di lente, vetri e altezza sul mare. In considerazione della sua posizione centrale nel Mediterraneo è considerato, in Italia, tra i più importanti d’Italia.
Avviandoci per l’ultimo tratto del sentiero risalente la collina, notiamo far capolino la Rocca della Falconiera, baluardo posto a difesa e riparo degli isolani a partire dall’età romana sino a quella borbonica e si possono
ancora notare resti degli abitati e sessantanove piccole strutture scavate per l’approvvigionamento idrico, alcune sono ancora piene d’acqua.
Quelle che hanno perso l’originaria copertura, che le manteneva al buio, ospitano una ricca flora d’alghe unicellulari, eppure un tappeto di lenticchie d’acqua (Lemna minor).
Tale baluardo è adagiato sulla sommità della collina, tocca il suo punto più alto a centocinquantasette metri sul livello marino; da qui è possibile allungare lo sguardo su gran parte dell’isola, fatta eccezione per il settore occidentale, protetto e nascosto dalle colline centrali.
Volgendo lo sguardo a sud è possibile invece scorgere la costa settentrionale siciliana. Cronologicamente anteriore alla Rocca e ben visibile anche sotto di essa, è possibile visitare il nucleo insediativo trogloditico, scavato nel tufo durante il III secolo a.C.
La sua particolarissima posizione geografica, il suo scenario naturale, la presenza ben avvertibile di antiche dimore lo rendono un’esperienza visiva unica. Salire le sue scale, ammirare i suoi vani scolpiti nella roccia e le quasi cinquanta cisterne utili per la sopravvivenza dei suoi abitanti rappresenteranno un momento indimenticabile dell’esperienza usticese.
Per finire un’ultima chicca archeologica: la scala scavata nel tufo dai romani, sospesa a centocinquanta metri di
altezza sullo strapiombo. Una visione da vertigini. Situata nella parte più orientale del sito trogloditico merita senza dubbio di essere vista, ammirata e fotografata. Le cattive condizioni conservative purtroppo ne condizionano l’accesso, oggi assolutamente proibito.
L’itinerario della rocca si può classificare come uno dei più importanti dell’isola, un percorso di appena settecento metri ma sicuramente molto accattivante, soprattutto al crepuscolo. La discesa dal lato della cava, introduce al sentiero di Tramontana.
Abbigliamento raccomandato
scarpe da trekking, vestiario comodo e ginnico, pantaloni lunghi, una borraccia d’acqua e cappellino.
Note Importanti
È il sentiero più completo e vi sono due entrate in salita
Dati dell'Itinerario
Periodo Consigliato
da maggio ad ottobre
Orario: Dalle 16:00 alle 18:00
Punti di interesse correlati
Necropoli della Falconiera
Antico sito funerario risalente al III-IV secolo d.C., situato sul versante della Falconiera. Le tombe scavate nella roccia testimoniano la presenza di insediamenti bizantini sull'isola di Ustica.
Il fortino del Rivellino
Salendo lungo la scogliera, poco prima di raggiungere la Rocca della Falconiera, ci si imbatte nel fortino Rivellino di San Giuseppe, eretto dai Borboni nel 1804 come avamposto della fortezza della Falconiera.
Rocca della Falconiera
Antico sito archeologico di epoca romana, poi, sotto il dominio borbonico, imponente fortificazione a difesa dell'Isola costruito sull'orlo di un antico cratere vulcanico.
Punta Omo Morto
Suggestivo promontorio sulla costa nord-occidentale di Ustica, regala panorami mozzafiato sul mare cristallino. Questo angolo selvaggio dell'isola offre tramonti spettacolari e scorci unici.